Molti professionisti e imprenditori in Italia iniziano la loro attività con la partita IVA in regime forfettario. È un sistema semplice, con pochi adempimenti e una tassazione agevolata, che consente di muovere i primi passi senza doversi subito confrontare con la complessità della contabilità ordinaria. Ma cosa succede quando il business cresce e i ricavi superano il limite di 85.000 euro?
La domanda è frequente: se esco dal forfettario devo obbligatoriamente aprire una SRL? La risposta è no. Non esiste un automatismo, ma un bivio da valutare con attenzione. Si può infatti restare con partita IVA individuale nel regime ordinario oppure costituire una società di capitali. La decisione non riguarda solo il fisco: coinvolge aspetti gestionali, previdenziali e patrimoniali che, se sottovalutati, possono trasformarsi in costi o rischi inattesi. Vediamo insieme come gestire il passaggio da forfettario a SRL.
Da Forfettario a SRL: le differenze
Il regime forfettario è un regime fiscale per le partite iva individuali. Non è possibile infatti costituire una società con il forfettario. Questo primo punto esclude dal forfettario tutti quei progetti che prevedono due o più soggetti a capo. Per aderire al regime forfettario, inoltre, occorre rispettare una serie di requisiti di accesso e mantenimento, non sempre così scontati.
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Una SRL è una società di capitali che prevede una persona giuridica che non coincide con la persona fisica. Si tratta di un soggetto distinto e indipendente. Se si opera con la società, è la società che guadagna, ha debiti e paga le tasse.
Dal 2023 la soglia di ricavi/compensi per restare nel regime forfettario è fissata a 85.000 euro, confermata anche per il 2025. È prevista però una regola particolare: se si superano i 100.000 euro, l’uscita è immediata, con obbligo di applicare l’IVA già a partire dall’operazione che determina il superamento. Se invece i ricavi restano tra 85.001 e 100.000 euro, l’uscita avviene dall’anno successivo.
Questa distinzione è molto importante perché impatta sulla gestione pratica: chi sfonda i 100.000 euro deve cambiare sistema in corsa, con potenziali complicazioni contabili e rapporti con i clienti.
Il forfettario resta comunque un regime vantaggioso: imposta sostitutiva al 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni in presenza di requisiti), niente IVA da applicare né ritenute d’acconto, semplificazioni negli adempimenti. Tuttavia ha anche limiti: non è possibile dedurre i costi reali (si applica un coefficiente forfettario di redditività), non si recupera l’IVA sugli acquisti e non si possono superare i vincoli di spesa per lavoro dipendente.
Perché molti pensano subito alla SRL
Quando si parla di superamento del limite, la prima alternativa che viene in mente è la Società a Responsabilità Limitata (SRL). Perché?
- offre la responsabilità limitata: i soci non rispondono con il proprio patrimonio personale (salvo casi particolari di cattiva gestione o garanzie personali).
- è percepita come una forma più strutturata e affidabile verso clienti, banche e fornitori
- consente di avere più soci con ruoli diversi (capitale e lavoro)
- permette, in alcuni casi, di pianificare meglio la tassazione sugli utili, reinvestendo parte dei guadagni in azienda.
Non bisogna però dimenticare che la SRL comporta maggiore complessità amministrativa e costi di gestione più elevati rispetto a una partita IVA ordinaria.
Partita IVA ordinaria: l’alternativa al forfettario
Se si superano gli 85.000 euro ma non si vogliono affrontare i costi di una società, si può semplicemente continuare con la partita IVA in regime ordinario. Questo comporta:
- contabilità completa con obbligo di liquidazioni IVA periodiche
- tassazione IRPEF a scaglioni (dal 23% al 43% in base al reddito complessivo)
- possibilità di dedurre i costi effettivi sostenuti e detrarre l’IVA sugli acquisti
- possibilità di assumere dipendenti o collaboratori senza i limiti previsti dal forfettario
Per molti professionisti con costi elevati o famiglie a carico (e quindi con detrazioni IRPEF rilevanti), il regime ordinario può risultare persino più conveniente del forfettario. È una strada che va analizzata con attenzione, spesso sottovalutata perché si tende a pensare che il “salto naturale” sia subito verso la SRL.
SRL: come funziona e come si gestiscono i soldi
La SRL è un soggetto giuridico autonomo. Questo significa che i soldi che entrano sul conto corrente della società non sono automaticamente disponibili per i soci. Per prelevarli esistono canali specifici:
- compenso da amministratore o stipendio da dipendente per chi lavora nell’impresa
- rimborsi spese, se giustificati e documentati
- distribuzione utili, possibile solo dopo l’approvazione del bilancio
Il socio deve quindi ragionare come se la società fosse un datore di lavoro: non può prelevare denaro liberamente, ma riceve un compenso periodico e, a fine anno, un’eventuale quota di utili. Questa separazione netta tutela il patrimonio personale ma richiede disciplina e pianificazione finanziaria.
Soci lavoratori e contributi INPS
Un altro tema centrale riguarda la previdenza.
- soci di capitale: non lavorano in azienda, non hanno obblighi contributivi e attendono solo la distribuzione utili
- soci lavoratori: devono iscriversi alla Gestione Commercianti o Artigiani INPS. I contributi minimi per il 2025 sono di circa 4.500 euro annui, suddivisi in quattro rate trimestrali. Oltre al minimale, si applicano aliquote del 24-24,48% sulla parte di reddito eccedente.
- amministratori: se percepiscono un compenso, rientrano nella Gestione Separata INPS, con aliquota del 26,07% (ridotta al 24% se già assicurati altrove o pensionati).
Questo aspetto è spesso sottovalutato: passare da forfettario a SRL significa quasi sempre avere un carico contributivo maggiore rispetto al forfettario, dove i contributi si calcolano in maniera proporzionale al reddito dichiarato con regole più leggere.
La tassazione della SRL
Le imposte principali di una SRL sono:
- IRES al 24%
- IRAP al 3,9% (con possibili variazioni a seconda della regione o del settore)
Dal 2025 è in vigore anche una misura di IRES premiale al 20% per le società che reinvestono gli utili in occupazione o sviluppo produttivo. Si tratta di un’opportunità interessante per chi ha programmi di crescita e non distribuisce immediatamente i profitti.
Quando la società decide di distribuire utili ai soci, questi vengono tassati ulteriormente con una ritenuta del 26% come reddito da capitale.
Facciamo un esempio semplificato:
- utile ante imposte: 100.000 euro
- IRES + IRAP: circa 28.000 euro
- utile netto distribuibile: 72.000 euro
- tassazione utili al 26%: 18.720 euro
- somma effettivamente percepita dai soci: 53.280 euro
È evidente che la tassazione complessiva può essere rilevante, motivo per cui la SRL conviene soprattutto quando una parte consistente degli utili viene reinvestita in azienda anziché distribuita.
Da Forfettario a SRL: vantaggi e svantaggi
Vantaggi della SRL
- responsabilità patrimoniale limitata
- maggiore credibilità verso clienti e banche
- possibilità di più soci con ruoli diversi
- pianificazione fiscale più flessibile in caso di reinvestimento utili
- accesso a incentivi e agevolazioni pensate per le società di capitali
Svantaggi della SRL
- costi di costituzione e gestione più elevati (notaio, contabilità ordinaria, bilancio annuale)
- maggiore rigidità nella gestione del denaro societario
- contributi previdenziali obbligatori anche in assenza di utili
- tassazione complessiva potenzialmente più alta se si distribuisce tutto l’utile
Conviene davvero passare da Forfettario a SRL?
Non esiste una risposta unica. Per un professionista con ricavi tra 85.000 e 120.000 euro e costi limitati, può essere più conveniente restare con partita IVA ordinaria. La SRL diventa invece interessante per attività con margini elevati, rischio operativo significativo, necessità di assumere personale o progetti di crescita strutturata.
Il passaggio va visto non come un obbligo ma come un salto organizzativo. Aprire una SRL significa cambiare mentalità: dall’essere un libero professionista o piccolo imprenditore, a gestire una vera e propria azienda, con regole, adempimenti e responsabilità diverse.
Superare i limiti del forfettario non obbliga ad aprire una SRL, ma rappresenta il momento giusto per valutare quale sia il veicolo giuridico e fiscale più adatto al proprio business. Ogni scelta deve tenere conto non solo delle tasse, ma anche di contributi, rischi, obiettivi di crescita e gestione del patrimonio.
La decisione migliore è sempre quella presa insieme a un commercialista esperto, capace di simulare diversi scenari e mostrare concretamente cosa cambia in termini di imposte, contributi e flussi di cassa. Solo così si può passare dal forfettario a una SRL o a una partita IVA ordinaria in modo consapevole e sostenibile.






2 risposte
Salve, vorrei sapere cortesemente se un professionista può aprire partita IVA in regime FORFETTARIO essendo anche socio NON lavoratore di una SRL con più di 20 dipendenti per cui i pagamenti degli stipendi dei dipendenti superano 20k annuali? È SUFFICIENTE che non abbia controllo diretto e il codice ATECO non sia affine a quello della Srl? Grazie mille dottore
Salve Giorgio,
un socio di una srl non può avere anche partita iva in regime forfettario quando:
* ha un controllo diretto o indiretto di società a responsabilità limitata o di associazioni in partecipazione
* la srl svolge la stessa di attività indirettamente o direttamente di quella svolta con la partita iva
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Cordialità